La fine del mondo presente

PREFAZIONE
Santa Teresa di Lisieux, il piccolo fiore, ci ha lasciato l’approvazione più toccante di questo libro “La fine del mondo presente e i misteri della vita futura”

 "Leggere questo libro è stata una delle più grandi grazie della mia vita.
L'ho letto accanto alla finestra della mia stanza, e l'impressione che ne ho ricevuto è talmente intima e dolce che non posso esprimerla..."
Tutte le grandi verità della religione i misteri dell'eternità sono penetrati nella mia anima come una felicità che non è di questa terra...."
Santa Teresa di Lisieux

Ho anche sperimentato ciò che Dio riserva a coloro che Lo amano (non con gli occhi degli uomini ma con quelli del cuore), ed ho anche visto che la ricompensa eterna non è proporzionata ai lievi sacrifici della vita, ho voluto amare, amare Gesù con passione, per darGli mille prove d’amore finché potevo. Ho ricopiato alcuni passaggi relativi all’amore perfetto, all’accoglienza “che il buon Dio darà ai suoi eletti nel momento in cui Lui stesso diverrà la loro grande ed eterna ricompensa e ho continuato a ripetere ininterrottamente le parole d’amore che ardevano nel mio cuore”

Nonostante l’enorme influenza che questo libro ha avuto per la vita ed il cuore della più grande Santa dei tempi moderni, che a sua volta ha ispirato milioni di vite nel mondo per più di un secolo, nessuno l’ha mai tradotto in inglese (in italiano) e pubblicato in America. Io, personalmente, mi sono sentita chiamata-obbligata- a riportare di nuovo in vita questo libro che ha ispirato in Teresa “un impulso irresistibile verso Dio”, nella speranza che possa avere una simile influenza sulle anime del nostro tempo. L’autore, Padre Charles Arminjon predicatore stimatissimo in Francia. Il suo libro è formato da nove conferenze che lui ha tenuto nella Cattedrale di Chambery e pubblicato nel 1881 con il titolo “La Fine del Mondo….

Ha tenuto queste conferenze con il preciso intento di combattere “l’errore fatale e la grande piaga del nostro secolo”, che lui ha descritto come “la mancanza del senso del soprannaturale e la totale negazione delle grandi verità sulla vita futura.” Santa Teresa ha letto questo libro per la prima volta nel maggio del 1887 quando aveva soltanto 14 anni. Lei ci ha detto che questo libro l’ha immersa in una gioia che non è di questo mondo. Le ha dato un presentimento di quello che Dio riserva eternamente a coloro che Lo amano. Le ha insegnato che i nostri sacrifici in questa vita sono nulla in confronto alla ricompensa che ci attende nell’eternità- L’ha ispirata ad amare Nostro Signore Gesù ancor più ardentemente – ed amarLo “con passione” e le ha ricordato che questa vita sulla terra passa molto velocemente, quindi dobbiamo amarLo e servirLo adesso finché possiamo.

"Leggere questo libro è stata una delle più grandi grazie della mia vita.
L'ho letto accanto alla finestra della mia stanza, e l'impressione che ne ho ricevuto è talmente intima e dolce che non posso esprimerla..."
Tutte le grandi verità della religione i misteri dell'eternità sono penetrati nella mia anima come una felicità che non è di questa terra...."
Santa Teresa di Lisieux



PREFAZIONE
Santa Teresa di Lisieux, il piccolo fiore, ci ha lasciato il sostegno più emozionante di questo libro “La fine del mondo presente e i misteri della vita futura”: "Leggere questo libro è stata una delle più grandi grazie della mia vita. L'ho letto accanto alla finestra della mia stanza, e l'impressione che ne ho ricevuto è talmente intima e dolce che non posso esprimerla… Tutte le grandi verità della religione i misteri dell'eternità sono penetrati nella mia anima come una felicità che non è di questa terra… Ho anche sperimentato ciò che Dio riserva a coloro che lo amano (non con gli occhi degli uomini, ma con quelli del cuore), ed ha anche visto che la ricompensa eterna non è proporzionata ai lievi sacrifici della vita, ha voluto amare, amare Gesù con passione, per dargli mille prove d’amore finché poteva. Ho ricopiato alcuni passaggi relativi all’amore perfetto, all’accoglienza che il buon Dio darà ai suoi eletti nel momento in cui Lui stesso diverrà la loro grande ed eterna ricompensa, e ho continuato a ripetere ininterrottamente le parole d’amore che ardevano nel mio cuore.”
Nonostante l’enorme influenza che questo libro ha avuto per la vita ed il cuore della più grande santa dei tempi moderni, che a sua volta ha ispirato milioni di vite nel mondo per più di un secolo, nessuno l’ha mai tradotto in inglese e pubblicato in America. Io, personalmente, mi sono sentita chiamata – obbligata – a riportare di nuovo in vita questo libro che ha ispirato in Teresa “un impulso irresistibile verso Dio”, nella speranza che possa avere una simile influenza sulle anime del nostro tempo.
L’autore, Padre Charles Arminjon, era un predicatore stimatissimo in Francia. Il suo libro è formato da 9 conferenze che lui ha tenuto nella Cattedrale di Chambéry e pubblicato nel 1881 con il titolo: “La fine del mondo presente e i misteri sulla vita futura.” Ha tenuto queste conferenze con il preciso intento di combattere “l’errore fatale e la grande piaga del nostro secolo”, che lui ha descritto come “le mancanze del senso del soprannaturale e la totale negazione delle grandi verità sulla vita futura”.
Santa Teresa ha letto questo libro per la prima volta nel maggio del 1887, quando aveva soltanto 14 anni. Poi ci ha detto che questo libro l’ha immersa in una gioia che non è di questo mondo. Le ha dato un presentimento di quello che Dio riserva eternamente a coloro che lo amano. Le ha insegnato che i nostri sacrifici in questa vita sono nulli in confronto alla ricompensa che ci attende nell’eternità. L’ha ispirata ad amare il Nostro Signore Gesù ancor più ardentemente – ad amarLo “con passione” e le ha ricordato che questa vita sulla terra passa molto velocemente, quindi dobbiamo amarLo e servirLo adesso, finché possiamo. Subito dopo aver letto questo libro, con il suo cuore ardente di desiderio di dare tutto a Dio, Teresa ha richiesto e ottenuto il permesso di suo padre di entrare nel Monastero di clausura delle Carmelitane di Lisieux. Secondo Monsignor Andre Combes, nel libro “La spiritualità di Santa Teresa”, gli scritti di Padre Arminjon hanno nutrito in Teresa una “impazienza per le gioie del Cielo, una stima straordinaria per una vita totalmente consacrata all’Amore Divino”. Quindi, Padre Arminjon, merita “non soltanto fama” per aver tenuto e pubblicato queste conferenze, “ma anche la giusta gratitudine di tutti i devoti di Santa Teresa, quindi di tutte le Chiese”. E a questo dico Amen!
Nei giorni 4 e 5 giugno 1887 Santa Teresa ha ricopiato questo estratto dalla VII conferenza di Padre Arminjon sull’”Eterna Beatitudine e la Visione Soprannaturale di Dio”: come nessuna madre ha mai amato il suo figlio più caro, così il Signore ama i Suoi eletti. E’ geloso della Sua dignità e non può permettere di essere superato dalla Sua creatura per quanto riguarda la fedeltà e la generosità. Oh! Il Signore non può dimenticare che i santi quando hanno vissuto sulla terra Gli hanno reso omaggio mediante la totale donazione del loro pace, della loro felicità e del loro intero essere; che essi avrebbero desiderato avere un inesauribile flusso di sangue nelle loro vene per versarlo come dimostrazione vivente e imperitura della loro fede; essi avrebbero desiderato migliaia di cuori nel loro petto, per consumarli nell’inestinguibile fuoco del loro amore; e possedere migliaia di corpi per poterli consegnare al martirio, come vittime sempre rinnovate. E il Dio grato grida: “Ora è il Mio turno!” I santi mi hanno dato il dono di sé stessi: posso Io rispondere in altro modo che donare Me stesso senza restrizioni e senza misura? Se Io metto nelle loro mani lo scettro della creazione, se il circondo con i torrenti della Mia luce, quella è una grande cosa, va oltre le loro più ardite speranze ed aspirazioni, ma non è il massimo sforzo del Mio Cuore. Io devo loro più del paradiso, più dei tesori della Mia conoscenza, Io devo loro la Mia vita, la Mia natura, la Mia sostanza eterna ed infinita. Se Io porto i Miei servi ed amici nella Mia casa, se li consolo e li faccio fremere di gioia abbracciandoli con la Mia carità, questo soddisfa la loro sete e i loro desideri in eccesso ed è più che la perfetta pace che i loro cuori desiderano; ma non è abbastanza per la gratificazione del Mio Cuore Divino, per pienezza e per la perfetta soddisfazione del loro amore. Io devo essere l’anima delle loro anime, Io devo penetrarli e devo riempirli della Mia divinità, come il fuoco penetra il ferro, mostrandoMi ai loro spiriti apertamente e senza nascondimenti, senza dover usare i sensi, devo unirMi a loro in un eterno faccia a faccia, affinché la Mia gloria li illumini, li irradi e si diffonda in loro, in ogni poro del proprio essere, così, “conoscendoMi come Io conosco loro, possono diventare dei essi stessi.”

S. Teresa si riferiva spesso alle frasi che aveva letto dalla penna di Padre Arminjon “quale garanzia per noi che, a un certo punto, lei ne aveva fatto il tema portante della sua vita interiore, la base della sua speranza e lo stimolo per tutti i suoi sacrifici.” Appena ho letto l’approvazione entusiastica di S. Teresa a questo libro, ho cercato di trovarne una copia. Ho cercato per anni. Ho scritto anche una lettera alle suore carmelitane di clausura di Lisieux in Francia – lo stesso convento in cui era S. Teresa negli ultimi 9 anni della sua vita. Le sorelle mi hanno mandato una lettera scritta a mano in francese dicendo che non potevano inviarmi il libro di Padre Arminjon perché non l’avevano più pubblicato. Inizialmente ero scoraggiata dalla loro risposta, ma qualcosa dentro di me non mi permetteva di abbandonare la mia ricerca. Se questo libro aveva avuto un’influenza enorme sulla vita di S. Teresa, e se leggerlo era veramente “una delle più grandi grazie” della sua vita, come lei stessa aveva detto, allora doveva esserci in esso un tesoro, e non avrebbe dovuto essere accantonato così facilmente. Finalmente, dopo circa 7 anni di ricerca, ho scoperto una singola copia di questo libro, scritta in francese originale, di un prete carmelitano, padre Donald Kinney. Appena ho avuto il libro nelle mie mani, sentivo come se avessi un “tesoro perduto!” Il mio cuore era ardente per condividere con gli altri questo tesoro. Dal 1987, ho sognato di rendere disponibile questo libro ai lettori inglesi qui in America. Ora state tenendo nelle vostre mani il mio sogno!

E’ molto utile per noi tenere a mente ciò che si riferisce tradizionalmente ai “novissimi”: morte, giudizio, paradiso, inferno. - E le conferenze di Padre Arminjon sono un potente aiuto nel tenere a mente questi novissimi in un modo veramente indimenticabile! Questo libro ci incoraggia a vivere in questo mondo con cuore indirizzato alla vita a venire – con i nostri “occhi sul premio”, come si dice: ci ispira a preparare le nostre anime per Dio, ad impegnarci più seriamente per ottenere la vita eterna con Cristo, ed aiutare a salvare le anime che Lo avrebbero eternamente. Ci incoraggia ad evitare le trappole di essere troppo preoccupati per le molte astrazioni, ansietà, piaceri e ricerche di questa vita effimera sulla terra: “vanità di vanità e tutto è vanità, tranne amore, Dio e servire solo Lui”. Lasciatemi condividere con voi alcuni pensieri che hanno chiaramente una grande importanza per il Piccolo Fiore. Li ha copiati a mano, in data 30 maggio 1887, e conservati nel suo Manuale del Cristiano al monastero del Carmelo. E’ una bella citazione di Don Giovanni Crisostomo agli eletti dell’amore divino quando prende piede in un’anima, ed è stato preso dalla V conferenza di Padre Arminjon sul purgatorio:


INTRODUZIONE

di Padre Charles Arminjon

Caro Lettore,
Ci è sembrato che uno dei frutti più deleteri del razionalismo, l'errore fatale e la grande piaga del nostro secolo, la fonte pestilenziale da cui sono scaturite le nostre rivoluzioni e i disastri sociali, è l'assenza del senso del soprannaturale e il profondo abbandono delle grandi verità sulla vita futura.
La terra è afflitta da una terribile desolazione, perché la maggior parte degli uomini, affascinati dal richiamo dei piaceri fugaci, e assorti nei loro interessi mondani e nell'attenzione per i loro affari materiali, non focalizzano più i loro pensieri sulle principali considerazioni della Fede, e ostinatamente rifiutano di rievocarli in sé.
Riguardo alla nostra attuale generazione si potrebbe dire ciò che ha detto il profeta Daniele a suo tempo, relativamente ai due anziani di Babilonia:
"Hanno soppresso le loro coscienze, non hanno permesso che i loro occhi guardino il cielo, e non hanno tenuto a mente i giusti giudizi di Dio".
Le due cause di questo letargo indifferente, profondo ed universale sono, ovviamente, l’amore illimitato e l’ignoranza dei piaceri sensuali che, con l’oscuramento dell’occhio interiore dell’anima umana, abbassa tutte le aspirazioni al livello della vita presente e li separa dalla visione della ricompensa che ci sarà. Ora, da quando gli uomini saggi hanno scoperto che le contraddizioni possono essere superate dai loro opposti, ci sembra che il rimedio più efficace con il quale combattere con fiducia contro il male inveterato del naturalismo, era un’esposizione lucida, chiara ed esatta, senza nulla togliere alle verità essenziali sulla vita futura e sul termine inevitabile dei destini umani. Forse saremo accusati di esprimere i nostri pensieri troppo crudelmente e duramente e di affrontare i punti più seri ed importanti della dottrina cristiana, allo stesso tempo modificarli e raddolcirli in modo da adattarli ai pregiudizi o all’apatia di certe anime, non abituate a tali gravi considerazioni – come un dottore che permette con cura solo una limitata quantità di luce ad un amico malato, per non ferire i suoi occhi dolenti con un eccessivo bagliore. Comunque, nell’ordine religioso e soprannaturale, i fenomeni e gli effetti prodotti sull’anima sono spesso l’incontrario di quelli che accadono nell’ordine fisico e materiale. Nel mondo visibile, un’eccessiva quantità di luce abbaglia: porta ad una diminuzione della vista e causa cecità.

D’altra parte, non appena la mente entra nel regno intellettuale ed è trasportata nella vasta sfera della materia invisibile e non creata, l’eccesso non deve più essere temuto. Gesù Cristo è il grande luminare dei nostri intelletti, il cibo e la vita dei nostri cuori: egli non è mai capito meglio o amato di più, che quando si manifesta liberamente nell’integrità della sua dottrina e nei più eminenti splendori della sua divina personalità. L’esempio degli apostoli, che annunciano il Vangelo nel crepuscolo del paganesimo, e con coraggio predicano il Gesù Cristo crocifisso davanti al senato romano e tra i filosofi dell’Aeropago è abbastanza per rivelarci che la Verità attrae le anime naturalmente cristiane, e che essa li illumina e li convince solo fino a quando è presentata loro in tutta la sua forza e in tutta la sua chiarezza. Le nostre prove sono limitate al periodo della nostra vita presente. Se, come sostengono i razionalisti, questa vita è solo un anello nella catena del nostro destino e se il corso del tempo durante il quale l’uomo è soggetto allo sforzo, alla tentazione e all’inganno dei sensi e delle creature dovesse continuare indefinitamente, allora Gesù Cristo non sarebbe mai Re, la virtù non porterebbe alcuna speranza ed il male trionferebbe in eterno.

Quindi, è sicuro che la scena che viene recitata quaggiù raggiungerà, prima o poi, il suo climax e la sua fine. L’umanità entrerà allora in una nuova fase dell’esistenza, e tutto ciò che ci rallegra, e tutto ciò che cerchiamo in questa vita sarà soltanto un’ombra e fumo vano. Questo è un fatto certo che tutte le nostre scoperte e le meraviglie del nostro genio non sono in grado di anticipare. Adesso il valore morale della vita è determinato dal fine al quale essa tende, proprio come l’utilità di una strada è valutata dal viaggiatore solo nella misura in cui essa lo aiuta a condurlo in modo più sicuro e diretto alla destinazione finale del viaggio che lui ha intrapreso. Ugualmente, trattare con la vita figura e gli scopi finali significa realmente ampliare la scienza e la filosofia della vita umana, stabilendo i principi fondamentali sui quali l’interezza della perfezione e della moralità è basata. Il volume delle nostre conferenze che stiamo pubblicando è una continuazione di quella che abbiamo fatto sul Regno di Dio. Il Regno di Dio è inaugurato, cresce e giunge alla sua realizzazione nel corso del tempo; non sarà perfetto e definitivo fino alla fine dei tempi. Così, invece di intitolare il nostro libro “La Fine del Mondo presente e i misteri della Vita Futura”, noi potremmo con equanime giustizia averlo chiamato “Il Trionfo di Gesù Cristo e della Sua Chiesa nella Vita Futura”. Le nostre discussioni e massime sulla vanità dell’aspetto di questo mondo transitorio, la futilità di tutte le imprese fatte senza la prospettiva della fede, che non hanno la conclusione finale come scopo, l’irrimediabile sventura riservata ai malvagi e agli altri nostri soggetti – l’avvento del regno dell’anticristo e il tempio dell’immortalità, ricompensa destinata ai giusti, il ripristino dell’uomo caduto per mezzo della legge del sacrificio e il crogiolo purificatore della sofferenza – ci sembrano utili per diffondere il balsamo della consolazione sui cuori feriti e amareggiati, per sollevare le anime avvilite e scoraggiate e, nei giorni sciagurati e tribolati che stiamo vivendo per aiutare i cristiani a diventare uomini di Sursum, infondendo in loro l’abbandono e pazienza; per, inoltre, rafforzarli in queste sofferenze attuali, aumentando le loro speranze e i loro desideri verso una patria migliore.

Attingendo alle pure fonti della tradizione e dei padri e istruendoci alla luce della Sacra Scrittura abbiamo cercato di soddisfare le anime ansiose e traviate del nostro tempo e di offrire loro la vera soluzione ai misteri della vita come ci è stato insegnato dal cristianesimo. Che possiamo contribuire a far amare Gesù Cristo e la sua Chiesa ed inculcare sempre più in quelli che leggono la nostra opera questa verità cardinale: “servire Dio e seguire i suoi comandamenti è il tutto dell’uomo!” Chambery 8 maggio 1881

PRIMA CONFERENZA LA FINE DEL MONDO
I SEGNI CHE LA PRECEDERANNO E LE CIRCOSTANZE CHE L’ACCOMPAGNERANNO



Veniet dies Domini sicut fur, in quo coeli magno impetu transient.

Il giorno del Signore verrà come un ladro, e in quel giorno i cieli passeranno con grande violenza. 2 Pt. 3,10

San Paolo ci insegna che il mondo presente è un immenso laboratorio in cui tutta la natura è in una grande agitazione e in travaglio fino al giorno in cui, libera da tutti i legami e dalla corruzione, sboccerà in un ordine raggiante e rinnovato. L’uomo stesso nel corso della sua vita quaggiù, non è nulla più di un viaggiatore, che attraversa il mare tempestoso e fluttuante del tempo, e la terra in cui si trova è solo la barca destinata a guidarlo nella terra della vita immortale e infinita. Anche le nazioni, come le persone, un giorno saranno destinate a scomparire. La storia dell’umanità non sarebbe altro che un dramma inspiegabile, una serie di fatti confusi, senza senso, isolati se, prima o poi non avesse il suo tempo definito e il climax. Nell’ordine naturale attuale ogni cosa con un inizio è destinata ad una fine; una catena ininterrotta deve avere un anello ad entrambe le estremità, non solo ad una. Il mondo presente, proprio perché è stato creato, necessariamente tende verso la sua conclusione e la sua fine. Come avrà luogo tale grande trasformazione? Quali saranno le condizioni e la nuova forma della nostra terra, dopo che è stata distrutta e completamente trasfigurata dal fuoco, non sarà più bagnata dal sudore dell’uomo, e avrà cessato di essere l’arena macchiata di sangue e tribolata delle nostre lotte e delle nostre passioni? Noi parleremo brevemente di questo. In questa prima conferenza il nostro intento sarà quello di richiamare la testimonianza della Sacra Scrittura e, in particolare, quella del Vangelo di oggi (sembra che questa “conferenza” o “lettura”, proveniva in origine dall’ultima domenica dopo la Pentecoste, quando il Vangelo era quello di Matteo 24, 15-35), che ci garantisce che dopo venti secoli l’ordine visibile delle cose sulla terra lascerà il posto ad un nuovo ordine permanente, e l’era di tempo mutevole sarà sostituita da un’era di stabilità e di pace. Dato che affrontiamo questo argomento difficile e delicato, uno dei più importanti che si possa trattare nella predica Cristiana, da quando tocca le circostanze presenti e future della nostra nazione e dei nostri destini, ci sembra giusto indicare che dobbiamo chiarire ogni opinione pericolosa che non si basa né sulle rivelazioni dubbie, né sulle profezie apocrife e di non fare affermazioni contrarie ai Libri Sacri o consentite dall’insegnamento autentico dei Padri e della Tradizione. In queste conferenze, dobbiamo richiamare in serie:
primo, quali sono i segni premonitori e ciò che indica la fine dei tempi;
secondo, come sarà la persecuzione, nella sua natura e nei marchi, di questo uomo iniquo, di cui parla l’apostolo Paolo, quale precursore della seconda venuta di Gesù Cristo;
terzo, quali saranno le circostanze della risurrezione e del giudizio;
infine, quale sarà il luogo della vita immortale e lo stato del mondo dopo la risurrezione.
Commentando le Sacre Scritture e, in particolare, il capitolo XXIV di S. Matteo, dobbiamo cercare di risolvere queste 3 domande fondamentali:
1- la dottrina della fine dei tempi è indubitabile, razionale e in armonia con gli studi della scienza attuale?
2- Possiamo dedurre dalle parole di Cristo se la fine dei tempi è vicina o lontana?
3 – Come avverrà questo cataclisma finale, quest’enorme cambiamento?
Dinnanzi a questi formidabili quesiti che rasentano la luce e la comprensione dell’intelletto umano, la nostra voce esita e può soltanto balbettare. Che la vostra benedizione, mio Signor Vescovo, possa rafforzarla. Che lo Spirito di Dio illumini la nostra mente e ponga sulle nostre labbra parole di verità, di forza, di saggezza e di discrezione!
La scienza materialistica e atea del nostro secolo, quello che viene propagata sulle riviste, insegnata dai più insigni rostri, e a cui credono le principali correnti dell’odierna opinione anti-Cristiana, insiste sull’ordine e la perfezione dell’universo derivate dal caso. Afferma che la materia è eterna… Negando la creazione, non si può ammettere logicamente che il mondo può finire. Secondo questa falsa scienza, questo universo esisterà per sempre o, se migliora progressivamente, dipenderà soltanto dal frutto del genio umano, dal crescente impulso dato all’arte e agli sviluppi industriali, dalle combinazioni variabili e dal ruolo dei fluidi e degli elementi che si decompongono e si ricostruiscono per dar vita a nuove forme – in breve applicando e attivando le forze innumerevoli e tutt’ora sconosciute che la natura nasconde nel suo ventre; forze che da sé stesse sono in grado di crescere senza limiti e indefinitivamente; e proprio come il verme nel perfezionare sé stesso, trasformato in un quadrupede, dal quadrupede al bipede e dal bipede all’uomo, nello stesso modo l’uomo, con l’aiuto della scienza, otterrà un giorno l’apice della sua sovranità. Conquisterà il tempo e lo spazio, si farà delle ali per volare attorno alle stelle ed esplorare la meraviglie delle costellazioni. Agli occhi della scienza atea, il paradiso e la vita eterna, come sono concepite dai Cristiani, sono un mito e un’allegoria. Il progresso è la fine ultima, la legge e il fondamento della vita dell’uomo, il punto finale e lo scopo cui devono convergere tutti i suoi pensieri e aspirazioni. Fa che l’uomo si ponga coraggiosamente lungo i vincoli e l’oscurità della superstizione e del credo antico oppressivo; fa che creda soltanto in sé stesso e, in un futuro più o meno prossimo, sarà investito da una sovranità illimitata e sfrenata sugli elementi e sulla creazione. La natura, completamente sottomessa dal suo genio, si aprirà allora come il vaso di Pandora su una nuova umanità, riversando l’interezza di beni desiderabili; e se le generazioni attuali falliranno nell’ottenere questo ideale di benedizione, esse possono trarre conforto dalla prospettiva che sarà ottenuta da qualche discendente in un prossimo futuro, e tanto più glorioso per questi per il fatto che essi l’avranno acquisita indipendentemente e senza l’intervento di Dio e sarà solamente il risultato della loro propria perseveranza, dei propri sforzi e della propria ingenuità.
C’è bisogno di dire che queste fantasie, queste teorie senza senso crass sono contraddette dalla ragione e dal senso comune di tutte le nazioni? Sono contraddette dalla ragione cristiana. Se, in effetti come la nostra fede cristiana e le convinzioni ci dicono, la nostra vita terrena ha avuto il suo principio e il suo inizio in Dio, deve anche avere in Dio la sua fine e il suo destino. L’uomo è stato creato per conoscere, amare e servire Dio, e se non riuscisse un giorno a possederLo e ad essere irrevocabilmente unito a Lui, il progetto del Creatore, svuotato di ogni fine razionale non diverrebbe altro che una mostruosità e un’aberrazione. L’umanità, twarted nel suo amore, nelle sue tendenze e aspirazioni, diventerebbe un altro sisifo, o una specie di pallina della roulette danzante nell’aria e condannata a girare per sempre sulla ruota della cieca necessità del destino. Che posto rimarrebbe per la giustizia, la moralità e la sicurezza delle famiglie e della pubblica autorità, in un sistema dove ogni cosa si trova in uno stato di disordine e di contraddizione, dove l’ideale non diventa mai realtà, il bene non sia mai separato dal male, e non esistano standard tramite i quali decidere l’importanza del vivere moralmente e la vera valutazione degli atti umani?
La “Storia”, ha detto un autore scettico del nostro tempo, “è il giudice dei popoli, e il suo giudizio, che continua negli anni, rende il giudizio finale inutile e superfluo.”
La nostra risposta sarà che il giudizio della storia non è un giudizio pubblico, anche se il male è pubblico e si innalza con una tale arroganza che è uno scandalo per gli uomini e un oltraggio costante a Dio. Il giudizio della storia resta incompleto poiché ogni azione buona o cattiva è la fonte principale del bene o del male, un seme di vita o di morte, di cui tutti i frutti e gli esiti, il suo autore non può sentire, né prevedere. Ecco perché, se il giudizio universale non ci fosse stato predetto, sarebbe stato nostro dovere richiederlo, insistere su di esso quale conseguenza necessaria, poiché la realizzazione finale di quella Divina Provvidenza che conduce i movimenti della Storia negli anni e quale misura finale per completare la Sua opera e mettere il suo sigillo su di essa.
Questo giudizio universale è solo l’ultima scena del dramma universale: il compimento totale di tutti i giudizi parziali emanati dalla giustizia di Dio. E’ solo in base a questa comprensione che la storia diventa chiara e sensata, e che noi la vedremo non come la mente e gli occhi confusi dell’uomo immaginino debba essere, ma come realmente è, un libro aperto per ognuno.
Un grande oratore del nostro tempo ha detto: “la storia non è finita, comincerà nella valle di Josafat.”
La ragione cristiana e il senso comune di tutte le nazioni portano così testimonianza che il mondo deve finire e che ci sarà un nuovo ordine. Questa verità è anche confermata dalla scienza e dai fatti sperimentati. E’ un principio riconosciuto, e una legge generale della natura, che ogni cosa soggetta al movimento o alla decomposizione, ogni cosa consumata dal tempo o limitata nell’estensione, è soggetta al deterioramento e all’invecchiamento, e alla fine scompare e muore. La scienza ci insegna che nessuna forza vitale o agente creato, ha il potere di sviluppare la sua energia oltre un tempo prestabilito, e che, in virtù della legge della creazione, il campo della sua attività è ristretto ad uno spazio limitato, i cui confini non possono essere attraversati. Gli organismi più perfetti e costruiti con più precisione non possono essere creati per funzionare per sempre.
Non solo gli esseri viventi, come gli animali e le piante, ma anche i minerali sono soggetti a forze opposte di affinità o repulsione, e tendono continuamente a separarsi per formare nuovi raggruppamenti. Così, le rocce e i graniti più duri sono sottoposti a corrosione e alle intemperie, che prima o poi li faranno cadere. Le stelle si estinguono e svaniscono nel firmamento: ogni movimento, persino quello dei cieli, tende a diventare più lento. Eminenti astronomi hanno scoperto nel sole e nelle stelle perdite di calore e di luce, assolutamente impercettibili, che ciononostante non falliranno, dopo il passaggio di secoli, di avere un effetto disastroso sul nostro clima e sulle nostre stagioni.
Comunque è sicuro che la nostra terra non possiede più la stessa fecondità o forza vegetativa che aveva all’esordio della razza umana. Proprio come il mondo ha avuto la sua giovinezza, così vi sarà un tempo quando il mondo avrà il suo crepuscolo, quando giungerà in fretta la sua sera e il suo declino. Queste sono verità d’osservazione e senso comune che la ragione afferra facilmente, ma solo il Cristianesimo è riuscito a dimostrarne la loro certezza ed eccellenza. “E’ in questo rispetto”, ha detto un pensatore protestante, “che la dottrina cristiana è piuttosto differente dalle dottrine filosofiche.” Sostiene che una nuova esistenza attende l’uomo dopo questa vita. Un requisito necessario per la realizzazione di questa vita “è la natura che, è divenuta oscura e impenetrabile all’uomo, dovrebbe essere spiegata e chiarita in alcuni stadi futuri, che proverebbero l’armonia fra le cose visibili e invisibili, la trascendenza e l’immortalità, la materia e lo spirito. Solo in quel futuro, solo con una tale fine dell’esistenza umana, la coscienza dell’uomo può trovare pace. Per questa speranza sono in debito con Cristo, la cui promessa ci permette di credere, in seguito alla crisi finale, una nuova terra e un nuovo cielo.” Quindi il mondo avrà una fine, ma questa fine è vicina o remota? Questa è una domanda seria ed emozionante, non meno degna di riflessione per le anime cristiane. La Sacra Scrittura, su questo punto, non ci lascia completamente al buio. Certamente, parlando della data esatta, Gesù Cristo dice: “Riguardo al giorno o all’ora precisa, nessuno lo sa, né gli angeli in cielo, né il Figlio, ma solo il Padre.” D’altronde, Lui ha acconsentito dei segni e delle indicazioni definitive, per farci sapere che la realizzazione delle profezie è vicina e che il mondo è quasi giunto alla sua fine. Gesù Cristo ha proseguito allo stesso modo con l’umanità, considerandola sia totalmente che individualmente: quindi la nostra morte è certa, ma non conosciamo l’ora. Nessuno di noi può dire se da ora vivrà ancora una settimana o un giorno, e Io, che vi sto parlando, non so se finirò il discorso che ho iniziato. Ma, se possiamo essere presi improvvisamente in qualsiasi momento, tuttavia ci sono dei segni che attestano che la nostra ora finale è imminente e che potremmo essere stati vittime di un’illusione grossolana se ci siamo immaginati che una lunga vita ci sta aspettando ancora quaggiù.
Nostro Signore ci dice: “Imparate dal fico. Quando i suoi rami crescono teneri e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così, quando vedete che accadono tutte queste cose (cioè guerre, carestie, terremoti), saprete che il Figlio dell’uomo è alla vostra porta.” In effetti queste calamità e tumulti sociali, e i cambiamenti negli elementi e nel corso normale delle stagioni, che segneranno la Seconda Venuta del Figlio di Dio, sono segni vaghi e indefiniti. Si sono verificati con minore o maggiore intensità, in ogni periodo infelice della storia umana, di crisi e di disordini religiosi.
Al tempo dei Maccabei, i segni erano visibili anche nel cielo. Per 40 giorni, tutta Gerusalemme ha visto uomini a cavallo nel cielo, vestiti di broccato d’oro e armati di lance, come la cavalleria. I cavalli, disposti in squadroni, caricati. Gli uomini sembravano armati con giavellotti e spade; pregavano Dio con fervore affinché potessero liberarsi da questi presagi, invece di esserne distrutti e confusi.
Quando Gerusalemme era assediata, durante il regno di Tito, il Santo dei Santi e il Tempio erano scossi da misteriosi moti e si sentivano strani rumori che ne provenivano, e voci di esseri invisibili gridavano: “lasciateci morire, lasciateci morire.” Un grande Rabbì, sconcertato da queste terrificanti manifestazioni soprannaturali, esclamò: “Oh Tempio, perché sei turbato e perché ti spaventi?” Di conseguenza, per non creare alcun malinteso o falsa interpretazione, Cristo ci dice che le afflizioni e i prodigi della natura, che avrebbero segnato gli anni futuri dell’umanità, erano soltanto il preludio e l’inizio di dolori più grandi: “Questi sono i primi stadi delle doglie del parto.” Quindi, nessuno può trarre alcuna conclusione finale sulla fine dei tempi in base alle calamità e alle rivoluzioni attuali, ai disordini morali, ai grandi cataclismi religiosi e sociali che avvengono in Europa e nel mondo. I segni odierni sono gli stessi del passato, e l’esperienza mostra che non bastano per provare l’avvicinarsi del giudizio. Quindi è importante considerare che Cristo, nella Sua profezia, associa i segni relativi alla fine del mondo con quelli della distruzione di Gerusalemme. Principalmente lo fa perché i due eventi sono analoghi… In secondo luogo, perché per Dio non c’è distinzione o successione di tempo. Gli eventi che accadranno e quelli già passati, sono chiari nella Sua mente e li vede come se succedessero nello stesso momento… Inoltre nostro Signore Gesù Cristo sapeva che gli Apostoli, prima di essere illuminati dallo Spirito Santo, erano intrisi di illusioni e di tutti i pregiudizi degli Ebrei; ai Suoi occhi Gerusalemme era l’intero universo, e la sua rovina, il collasso del mondo. Il frutto di questo patriottismo, vicino ed esagerato, che li dominava, è che gli Apostoli continuavano la loro anticipazione vigile e ininterrotta, fino alla rovina di Gerusalemme.
Tali erano le disposizioni che Cristo endeavored to arose, cercando di istruirli e allontanarli dalle speranze gross terrene, anziché exite la loro curiosità rivelando loro i segreti nascosti del futuro. Quindi, nella Sua profezia, gli mostra, com’era, due prospettive e due orizzonti, avendo analoghe caratteristiche e gli stessi relief, modelli e tinte. In S. Matteo e S. Marco, i due eventi – la distruzione di Gerusalemme e la fine del mondo – sembrano raramente emergenti. In S. Luca sono chiaramente distinti: ci sono degli argomenti che si riferiscono soltanto alla fine del mondo, come questi: “Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle. Sulla terra le nazioni saranno in angoscia, distraught dal ruggire del mare e delle onde. Gli uomini moriranno dal terrore per quello che succederà sulla terra. Le potenze del cielo saranno scosse. Dopodiché gli uomini vedranno il Figlio dell’Uomo venire su una nuvola con grande potere e gloria.” Il mondo durerà ancora centinaia d’anni? Finirà in questo millennio? L’umanità sotto la legge cristiana della grazia, attraversa una durata di anni, come quelli trascorsi sotto la legge della natura e quella di Mosè? Queste sono domande su cui non si possono fare ipotesi o congetture. Tutti i calcoli e le ricerche su cui hanno indugiato interpreti istruiti, sono quesiti ideologici, cui manca qualunque scopo, se non quello della soddisfazione della vana curiosità. La provvidenza ha stabilito che il giorno non dev’essere rivelato e che nessuno deve scoprirlo finché giungerà realmente: “De dia ille nemo scit.” Nessuno deve obiettare che, se non possiamo stabilire il giorno, possiamo almeno determinarne il periodo o l’anno. No, perché Sant’Agostino osserva che la parola giorno, nella sacra scrittura, non deve essere intesa nel senso di alcuna misura di tempo. La testimonianza del santo dottore si accorda con quella del profeta Malachia, che ci dice, “Sì, sta venendo, dice il signore delle folle. Ma chi resisterà al giorno della Sua venuta? E chi può sopportare la Sua manifestazione?” Zaccaria è ancora più preciso ed esplicito: “In quel giorno non ci sarà più freddo e gelo. Ci sarà un unico giorno, che il Signore sa, non ci sarà un giorno e notte, perché di sera ci sarà la luce.” Il motivo è che la fine del mondo non avverrà semplicemente per l’effetto di cause naturali, ma dipende, soprattutto, dalla volontà di Dio, che non ci è stata rivelata. E’ una questione di fede, il fatto che i destini degli uomini giungeranno alla fine quando il numero dei santi sarà completo, e quello degli eletti consummated. Ora, nessun uomo, né per motivi certi, né per forza di probabili congetture, può sapere il numero dei predestinati, e tanto meno il tempo necessario perché questo numero sia raggiunto. Chi, per esempio, osa asserire che nei secoli futuri si salveranno più o meno uomini di quelli che sono stati salvati nei secoli scorsi? E non tenendo conto del fatto che il numero dei santi futuri possa essere maggiore o minore del numero dei santi del passato, com’è possibile predire il periodo di tempo durante il quale il loro numero sarà raggiunto? Non è un fatto assodato nella vita della Chiesa che esistano periodi di sterilità nei quali i santi sono rari, e periodi di fecondità in cui abbondano? Questo è il motivo per il quale, considerando la causa originale del mondo, che non è nient’altro che il mistero nascosto della predestinazione, nessuno può stabilire se la fine del mondo sia vicina o lontana. Comunque, se Cristo ci insegna che questo grande giorno finale è un segreto che Dio, nei progetti della Sua Sovranità, ha tenuto per Sé – tempora et momenta quae pater posuit in sua potestatis – e che sfiderà qualsiasi nostro calcolo fino alla reale ora della sua realizzazione, ciò nonostante, per avvertirci di una possibile negligenza e di un falso senso di sicurezza, egli continua a ricordare incessantemente agli uomini:
1 – che la fine del mondo è certa;
2 – che è relativamente vicina;
3 – che non accadrà fino a quando avranno luogo non segni abituali e ordinari come sono successi in tutti i tempi, bensì i segni particolari e distintivi che Lui ci ha chiaramente indicato. Questi segni non sono solo calamità e rivoluzioni nelle stelle, ma eventi di carattere pubblico, riguardanti sia gli aspetti religiosi che sociali, che l’umanità non può fare a meno di percepire. Il primo degli eventi che profetizzano la fine dei tempi è quello a cui si riferisce il Salvatore in Matteo 24,14, quando dice: “Questa buona Novella del Regno sarà proclamata in tutto il mondo come testimonianza in tutte le nazioni. Soltanto dopo questo evento sarà la fine.” Il secondo di questi segni sarà l’apparizione dell’uomo iniquo, l’anticristo. Il terzo: la conversione degli ebrei, che adoreranno il Signore Gesù e Lo riconosceranno come il Messia promesso. Fino ad allora, dice S. Paolo, “che nessuno v’inganni in alcun modo… come se il giorno del Signore fosse imminente.”
E’ evidente che gli ultimi due eventi, che S. Paolo dichiara devono contraddistinguere l’approssimarsi della grande tribolazione, non si sono ancora realizzati. L’anticristo non è ancora apparso, come dimostreremo nella prossima conferenza. Gli ebrei, come nazione, non hanno ancora gettato via lo spesso velo che impedisce loro di acclamare come Dio colui che essi crocifissero. Deve essere ancora accertato se, in questo tempo, il Vangelo è stato predicato in tutta la terra, e donato come testimonianza a tutte le nazioni. Su questo punto i Padri e i Dottori sono divisi. Alcuni dicono che le parole di Cristo devono essere interpretate moralmente, e dovrebbero essere comprese nel senso di una predicazione parziale e sommaria: perché si realizzino, è sufficiente che i missionari abbiano illuminato un certo numero di menti individuali nelle varie parti della terra popolata, e che su ogni deserta e remota collina, la Croce possa essere alzata almeno una volta. Altri, più numerosi, come S. Jerome e Beda, insistono che le parole del Figlio di Dio debbano essere comprese nel senso più stretto e letterale. Cornelius à lapide, il più istruito fra gli interpreti delle Sacre Scritture, esprime l’opinione che la fine dei tempi non verrà fino a quando il Cristianesimo non sia stato solo programmato e proclamato, ma stabilito e organizzato, e si sia trasformato in un’istituzione pubblica, tra uomini di ogni razza e nazionalità in un modo tale che, prima che i secoli abbiano fatto il loro corso, non ci sarà una singola spiaggia barbara, non una sola isola sperduta nell’oceano o in un qualsiasi luogo, attualmente sconosciuto, nei due emisferi, dove il Vangelo non abbia brillato in tutto il suo splendore, dove la Chiesa non si sia resa manifesta nella sua legislazione, nelle sue solennità e nella sua gerarchia, inclusi i vescovi e il basso clero – in una parola, dove la grande profezia “ci sarà un unico gregge e un unico pastore” sia stata completamente realizzata.
Noi propendiamo per quest’ultima opinione. E’ più in armonia con la testimonianza della Sacra Scrittura. E’ più in accordo con la saggezza e la misericordia di Dio, che non fa distinzione fra i civilizzati e i barbari, i greci e gli ebrei, ma, desiderando la salvezza di tutti gli uomini, non esclude nessuno di loro dalla luce e dal dono della redenzione. Infine, concorda con le vie della provvidenza, che mostra un eguale sollecitudine per tutte le persone, e le chiama a sua volta alla conoscenza della sua legge, nel tempo stabilito dai suoi decreti immutabili.
E’ sufficiente uno sguardo ad una mappa per riconoscere che la legge del Vangelo non è stata per nulla promulgata a tutte le persone, e che innumerevoli moltitudini attualmente rimangono immersi nell’oscurità, e non possiedono la benché minima ombra della Verità rivelata.
Così, l’Asia centrale e le montagne del Tibet hanno fino ad ora sfidato gli sforzi dei nostri più intrepidi missionari. Nessuno è stato ancora in grado di fornirci un esatto resoconto delle abitudini sociali e religiose delle popolazioni dell’Africa equatoriale, nonostante la recente scoperta dei grandi laghi e di un alto tavoliere, dove si supponeva non ci fosse altro che sabbia e deserto. La Gran Bretagna e altre nazioni hanno stabilito avamposti coloniali sulle spiagge dell’Oceania e (le isole del Mare del Sud), ma l’interno di questi vasti continenti dev’essere ancora esplorato.
Chiaramente il Vangelo non è ancora stato predicato come testimonianza a tutte le nazioni!
Possiamo addirittura dire che esso sia stato predicato con fervore sufficiente, e in modo tale da non lasciare scuse a coloro che si sono rifiutati di seguirlo? Su ciascuna pagina degli annali della Propagazione della Fede noi troviamo questo doloroso detto, che nasce direttamente dal cuore degli apostoli: “perciò chiedete al padrone di mandare operai per il raccolto.” Ora, è scritto che alla fine dei tempi, il Vangelo sarà stato dato come testimonianza a tutte le nazioni. Davide grida: “tutte le persone fino ai confini della terra ricorderanno il Signore e ritorneranno a Lui perché il dominio gli appartiene e Lui governa le nazioni.”
Inoltre Davide continua: “Possa Egli governare da mare a mare, e dal Fiume fino ai confini della terra. I suoi nemici si inchineranno davanti a Lui e mangeranno la polvere. I re di Tarshish delle Isole offriranno tributi.” Il Signore poi parla alla Chiesa attraverso Isaia: “Allargate la vostra tenda, non risparmiate nell’ingrandirla, allungate i vostri tiranti e rinsaldate i vostri picchetti, perché tu ti espanderai all’estero, a ponente e a levante, la tua discendenza possiederà le nazioni e popolerà la città desolate.”
Questi testi sono espliciti e precisi. E’ chiaro dalla loro testimonianza che verrà un tempo in cui tutte le eresie e tutti gli scismi saranno superati, e la vera religione sarà conosciuta e praticata in tutti i luoghi illuminati dal sole.
La lotta che precede la vittoria
Questa unità non sarà sicuramente raggiunta facilmente; l’umanità non raggiungerà quest’età dell’oro percorrendo strade cosparse di rose: le fondamenta della chiesa sono state costruite sul sangue dei martiri, e mescolate al sudore degli apostoli.
Quindi noi dobbiamo aspettarci lotta e una dura resistenza. Del sangue verrà versato; lo spirito dell’oscurità lancerà ancora una volta le sue seduzioni e willes in abbondanza; noi possiamo star sicuri che sarà la più terribile persecuzione della chiesa tra quelle che essa ha sostenuto fino ad ora.
D’altra parte noi dobbiamo imparare ad analizzare i pensieri di Dio, e a leggere i decreti della Sua potenza. Tutte le ammirevoli invenzioni dei tempi moderni hanno la loro fine stabilita da Dio. Potrebbe Dio averci fornito nei nostri giorni uno sguardo sui segreti e sui tesori nascosti della creazione? Avrebbe Lui messo nelle mani dell’uomo tutti questi meravigliosi strumenti come ad esempio il vapore, il magnetismo e l’elettricità per il solo scopo di dare un nuovo impulso al suo orgoglio, o di essere un docile schiavo del suo egoismo e della sua grettezza? Tale non era il pensiero che Egli espresse con la voce del profeta quando disse: “Io darò ali alla Mia parola, harness fuoco alle mie charriots, afferrare i miei discepoli come in un turbine e trasportarli in un attimo tra le nazioni barbare. Così, il tempo è vicino, quando Cristo trionferà completamente, in cui in verità Lui sarà chiamato Signore della terra: Dio Deus omnis sarà chiamato terre vocabitur.
Attualmente molti segni indicano una grande vittoria per la cristianità. I nostri nemici non hanno un presentimento di ciò? Un istinto segreto non li avverte che i giorni del loro potere sono contati e che il tempo loro concesso di prevalere non può essere ancora lungo? Questo è il motivo per cui essi fanno guerra alla chiesa, tutta l’odiosa corruzione, tutte le ipocrisie ansiose di togliersi la maschera, tutte le ostili scienze, tutte le oscure politiche senza Dio. La rivoluzione con orgoglio alza la testa contro la religione, la proprietà e la famiglia; distrugge le fondamenta della struttura sociale; e sviluppa i suoi attacchi contro di noi simultaneamente e su tutti i fronti. La stampa, libera da ogni freno, dissemina le dottrine più sovversive e i veleni più mortali in migliaia di organi. Noi possiamo comprendere che in una tale situazione i potenti dovrebbero sentirsi irresoluti nelle loro decisioni, e il loro coraggio e la sostanza sembrano svanire. Noi possiamo capire che oltre le nuvole e un futuro intricato, loro discernono prospettive somber e predicono una rinnovata esplosione del crimine, delle guerre e di spaventose rivoluzioni. Tuttavia è proprio l’incredibile audacia, una continua rigenerazione della furia dei nostri nemici che ci dà la speranza di una gloriosa nuova era per la chiesa. Il Cristianesimo, nei nostri giorni, viene attaccato ovunque: nelle arti e nelle scienze, nella chiesa e nello stato, in Europa come in Asia, nel vecchio e nel nuovo mondo: un segno sicuro che esso trionferà ovunque. Quando sarà? Dio lo sa, ma il fatto è certo. Il sangue dei martiri diventa il seme dei cristiani. La chiesa ha promesse immutabili quando esce dal Mar Rosso, entra nella terra promessa. L’ora dell’oscurità lascia il posto a quella della luce e del trionfo. Dopo gli oltraggi del Golgota lei sente risuonare attorno le benedizioni e gli osanna della liberazione.
Quindi non perdiamoci d’animo. Accogliamo il futuro nel suo divenire; e se nei nostri giorni il nostro paese è preda di convulsioni e lacerato dalla discordia; se la sua fortuna e la sua influenza politica sono diventate un premio conteso da condizioni insoddisfatte e volgari non-entità, come il figliol prodigo del Vangelo, non passerà molto tempo prima che il ricordo della pace e dell’onore dei secoli della sua giovinezza ritornino alla sua meta; getterà via le catene e la maschera della sua ignominia.
Tuttavia, anche se la fine del mondo dovesse essere rimandata per molti secoli, cosa sono i secoli paragonati agli anni dell'eternità? Sono un secondo, un istante, più fuggevoli di un lampo. Quando il figlio dell’uomo è stato innalzato al cielo e seduto su una nuvola, gli apostoli non potevano distogliere lo sguardo dal luogo in cui era svanito. Improvvisamente due angeli in bianche vesti apparvero loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché continuate a guardare il cielo? Questo Gesù che vi è stato portato via, ritornerà proprio come voi l’avete visto andare in cielo.”
Altrove Cristo dice: “Tra poco voi non mi vedrete più, ma subito dopo mi vedrete ancora, perché Io vado al Padre.”
Il cuore degli uomini diverrà freddo
Anche se Cristo ha voluto che non sapessimo il momento esatto della fine del mondo, ha ritenuto adeguato darci informazioni dettagliate relative al modo e alle circostanze di questo grande evento. La fine del mondo, dice, sarà improvvisa e inaspettata: “Il giorno del Signore giungerà come un ladro.” Ci sarà un tempo in cui la razza umana, affondata nelle supreme profondità dell’indifferenza, si sarà allontanata dal pensiero della punizione e della giustizia. La Misericordia Divina avrà esaurito tutte le sue risorse e i mezzi per agire. Ci sarà l’anticristo. Gli uomini sulla faccia della terra saranno chiamati a conoscere la verità. La Chiesa Cattolica sarà sbocciata nella pienezza della sua vita e nella fecondità per gli ultimi tempi. Tuttavia, tutte queste grazie e prodigi sovrabbondanti, svaniranno ancora dal cuore e dalla memoria dell’uomo. Per questo criminale abuso delle grazie, l’umanità sarà tornata al suo vomito. Concentrando i loro affetti e tutte le loro aspirazioni nei beni e nei grandi piaceri di questo mondo, avranno voltato le loro spalle a Dio, come  ci dicono i Libri Sacri, non saranno più in grado di rivolgersi al cielo, di ricordare i suoi giusti giudizi. Tutta la fede sarà scomparsa da ogni cuore. Tutta la carne sarà ormai stata corrotta. La provvidenza divina giudicherà ciò che non potrà più essere rimediato. Come dice Cristo, sarà come ai giorni di Noè. In quel tempo gli uomini vivevano senza preoccupazioni, coltivavano, costruivano case lussuose, e si prendevano gioco del vecchio compagno Noè quando lui si improvvisava carpentiere e lavorava giorno e notte, costruendo la sua arca. “Pazzo! Sognatore!” Essi dicevano. Questo proseguì fino al giorno in cui arrivò il diluvio e coprì la terra intera: il diluvio venne e li distrusse tutti.
Così la catastrofe finale avrà luogo quando il mondo si sentirà più al sicuro: la civiltà sarà al suo zenith, i mercanti saranno ricchi di denaro, le scorte dei governi non saranno mai state più abbondanti. Ci saranno celebrazioni nazionali, grandi eventi e l’umanità sguazzerà in una prosperità materiale mai avuta; avranno cessato di sperare nel cielo. Crudelmente attaccati ai più bassi piaceri della vita, gli uomini, come il misero del Vangelo, diranno: “anima mia, tu possiedi beni che dureranno per molti anni. Mangia, bevi e divertiti.”
Ma improvvisamente, nel profondo della notte, i media-nocte, poiché sarà nel mezzo dell’oscurità, e in quella mezzanotte terribile, quando il Signore è apparso la prima volta nella sua umiltà, e quando apparirà di nuovo, gli uomini si sveglieranno dal loro senno, udranno un grande clamore e rumore e una voce dirà: “Fate attenzione, lo sposo è qui. Venite fuori e salutateLo!” Negli annali della Savoia, la memoria e la tradizione sono preservate da una catastrofe appaling che rappresenta l’immagine e l’esito di ciò che accadrà quando Dio abbandona la razza umana, e la sua pazienza alla fine sarà esaurita.
Fu centinaia di anni fa, il 24 novembre 1248, la vigilia del giorno in cui la chiesa celebra la festa di S. Caterina. Quella sera, il clima era mite, l’aria leggera e le stelle brillavano nel cielo. Tutta la valle nella quale Chambery è situata era tranquilla e sicura. Un uomo malvagio e non religioso governava allora tirannicamente su una città ora sparita completamente, ma che a quel tempo si trovava vicino alla città della mia storia. Questo uomo aveva riunito un grande numero di allegri compagni. Con banchetti e revelry ubriachi, egli stava celebrando il saccheggio sacrilego di un monastero che aveva trasformato per un uso profano, dopo aver cacciato senza pietà i monaci e i santi occupanti che erano i proprietari legittimi. Probabilmente come al tempo di Bathazar, si trattava di un pasto sontuoso, e i vini e i liquori mescolati con blasfemie e risate sardoniche, scorrevano in abbondanza. Improvvisamente, in un istante, nel mezzo della notte, la terra fu scossa da un tremendo colpo. Il cielo e la terra sembravano essere scossi da turbini orribili, voci e ululati di tempesta, che farebbero pensare provenissero dalle caverne dell’inferno; e prima che gli ospiti potessero alzarsi, prima di poter gridare aiuto, furono seppelliti vivi sotto il crollo della massa di una montagna enorme: una città, cinque villaggi e un’intera regione di 6.000 abitanti furono engulfed in chasms le cui tracce sono scritte a caratteri indelebili nei frammenti delle nostre anime, e rimangono come un’incancellabile e viva memoria della mingled leggenda e dell’orrore nelle mente della nostra gente. Questa immagine, presa a prestito da uno dei più memorabili e terribili eventi accaduti nella nostra storia è in un certo senso più vivida e toccante di quella di Noè e il diluvio: perché, almeno al tempo di Noè e il diluvio, gli uomini hanno avuto il tempo di raccogliere i loro pensieri e ottenere la grazia del pentimento prima di perire, e il disastro colpì solo gradualmente. Se tutto quello non servì  a salvarli per la vita presente, S. Pietro ci dice esplicitamente che il più grande numero ritornò a Dio e si salvò per la vita a venire. Nella prima lettera di S. Pietro egli ci dice che quando la santa anima di Gesù Cristo è stata separata dal suo corpo “era anche nello spirito che egli andò a predicare agli spiriti imprigionati; essi hanno disobbedito fino al giorno di Noè, mentre Dio pazientemente ha aspettato fino a che l’arca fu terminata. Nel giorno del giudizio sarà come descritto nella storia precedente: tutto accadrà con una rapidità ed una violenza mai vista prima: coeli magno impetu transiant.
Cristo ci dice: “Se un uomo è sul tetto, non deve scendere per prendere qualcosa dalla sua casa. Se un uomo è nel campo non deve tornare indietro per prendere il suo cloak. Sarà dura per le donne incinta e per le madri che allattano in quei giorni… Se qualcuno vi dice – guarda, il Messia è qui – o – è là –, non credetegli poiché come il lampo flashes dall’est all’ovest, così sarà la venuta del figlio dell’uomo.”
Distruzione col fuoco
Con quali mezzi avrà luogo questa grande distruzione? Quale sarà la causa efficiente, l’agente principale, la strumento diretto e immediato?
La Sacra Scrittura non intende omettere nessuna delle circostanze riguardanti questo evento, il più grave e il più decisivo di tutti quelli che sono accaduti dalla creazione. Ci insegna che il mondo non perirà per le inondazioni come nel diluvio, non collasserà a causa di un terremoto e non sarà seppellito sotto le ceneri e la lava come successe a Ercolano e Pompei nella regione di Tito, ma sarà incendiato e distrutto dal fuoco: terra autem et quae inipsa sunt opera exurerunt. Tale fu anche l’antico credo comune tra i filosofi egiziani e persiani. Cicerone disse che il mondo sarebbe finito col fuoco.
La cosa notevole è che la scienza attuale concorda con le Sacre Scritture nel mostrare che il fuoco sarà il grande architetto della giustizia di Dio, e del rinnovamento che seguirà quando questa sarà stata manifestata.
Così la scienza, come la Bibbia, ha rivelato che il fuoco è stata la prima forza creata ad aver sviluppato la sua energia e mostrato la sua attività. Fu grazie al fuoco che la natura produsse i suoi frutti, e gli elementi resi operanti; da esso vennero anche le grandi trasformazioni del mondo primitivo: la creazione delle montagne, la nascita delle stelle ed infine quella dell’universo, con tutto l’ordine e la varietà che esso presenta al nostro sguardo ammirato. La Genesi 1,2 dice: “La terra era una distesa informe e l’oscurità copriva l’abisso.” In altre parole, come spiegano gli esperti e i commentatori, la materia era volatilizzata, e nello stato di vapore prima che il Creatore assegnasse le sue proprietà e le diverse forme dividendola e coordinandola nell’opera dei sei giorni, tutti questi costituenti erano mischiati, disuniti e in uno stato caotico.












   
























Commenti

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